Funghi secchi: etichette e qualità
Porcini extra, misto bosco, risotto ai funghi. Nomi golosamente allettanti, spesso contornati da immagini di sfondo che altro non fanno che stimolare l’appetito (e quindi, anche l’acquisto).
Ma di funghi, realmente, cosa si nasconde dietro all’involucro di una confezione, sia di prodotto fine a sé stesso ed essiccato, sia di una zuppa o preparato a base di funghi?
Come già accennato nell’articolo precedente trattando l’argomento mercato dei funghi secchi, la nostra tradizione gastronomica prevede l’utilizzo dei porcini essiccati per realizzare tantissime ricette. Da un condimento per primi piatti e risotti, ad insaporitore per arrosti di carne, torte di verdure e persino pietanze a base di pesce. Partendo proprio dai porcini, il primo dettaglio da tenere ben presente (nel caso li acquistassimo sfusi dal fruttivendolo, piuttosto che imbustati dalla bottega di gastronomia) è osservare la merce.
I funghi di buona qualità hanno colorazioni delle fettine mai troppo brunastre, una consistenza non estremamente secca e friabile e -ovviamente- non devono presentare segni di deterioramento, inclusi tramiti di larve di ditteri (quei piccoli forellini causati dalla presenza di piccole larve nei funghi freschi prima dell’essiccazione).
In genere, deve essere indicata la categoria commerciale, che con queste condizioni in genere è da ascriversi alla selezione di funghi “speciali” od “extra”. Tali tipologie sono di produzione e lavorazione solitamente europea. Sui mercati però sono presenti altre tipologie di funghi porcini secchi, indicati come “commerciali”, dove, come suggerisce il nome, si trova di tutto un po’. Le fettine in questo sono fortemente asciutte e friabili, talvolta tagliate spesse e con delle colorazioni sovente brunastre. All’impatto olfattivo, inoltre, tali funghi porcini secchi risulteranno avere un sentore che ricorda vagamente la pancetta affumicata, per via delle metodiche di essiccazione utilizzate nei paesi di provenienza.
Dove sta l’inghippo?
Ebbene, talvolta (in particolare nella vendita sfusa) vengono fraudolentemente mescolati con qualche esemplare di categoria superiore; inoltre, la scarsa qualità dell’iter di lavorazione, che avviene in genere nei paesi asiatici e con metodiche ancora poco affinate, incide sulla qualità finale del prodotto. Certo, volete mettere la differenza con l’acquisto di funghi “speciali” essiccati ad arte, o -ancor meglio- raccogliere i vostri funghi ed essiccarli all’ombra del sole o con Biosec?
Cosa non deve mancare nell’etichetta?
Un’ultima, importante precisazione: le ditte serie indicano l’origine dei funghi, che in genere è CEE (funghi prodotti nei paesi aderenti alla comunità economica europea) per le selezioni di qualità; mentre la dicitura extra CEE indica funghi lavorati in paesi non comunitari, che possono anche essere Turchia e Macedonia, da dove in genere perviene del prodotto essiccato di qualità; ma può anche significare di origine extraeuropea e quindi asiatica, con tutte le perplessità poco sopra espresse.
Altre tipologie di funghi porcini essiccati che si possono trovare in commercio sono le “briciole” e la “polvere”, che vengono realizzati in genere con gli scarti di produzione e trovano ampio impiego nell’industria alimentare.
Sulle etichette deve esser sempre presente la categorizzazione e un termine ultimo di conservazione (oltreché essere a norma con il DPR 376/95).
In genere, i funghi porcini di buona qualità, essiccati e ben conservati, possono durare anche tre anni. Naturalmente, non deve mancare il riferimento alla specie o alle specie presenti nella confezione; per i porcini la dicitura da indicare è Boletus edulis e relativo gruppo, mentre per tutte le altre specie il nome scientifico della stessa, eccetto per le spugnole secche, che vengono in genere indicate come Morchella sp.
Ma il “porcino secco”, come detto, non è l’unico prodotto presente sui banchi dei supermercati italiani.
Sempre più spesso, infatti, troviamo -anche in virtù di un minor prezzo- alcune buste di “misto bosco” dove sono indicate varie specie essiccate, in genere coltivabili, frammiste a qualche fetta di porcino per attirare meglio il consumatore. Di solito, in questi mélange si ritrovano il fungo gelone, Pleurotus ostreatus; il famoso shiitake o Lentinula edodes; gli champignon (Agaricus bisporus) e, come anticipato, qualche fettina di “porcino”; cosicché il prodotto finito possa prendere il nome di “Funghi di bosco secchi con porcini”. Che poi -viste le specie sopracitate- più che “di bosco” si tratta di funghi di coltivazione (per quanto gli stessi poi possano essere ottimi essiccati e garantire buoni risultati in cucina: ma stiamo parlando del come leggere le etichette, no?).
Riguardo agli altri funghi che possiamo trovare commercializzati da secchi, oltre alle precedenti citate, troviamo le costosissime spugnole (Morchella sp.), particolarmente apprezzate dai vicini francesi; le orecchie di giuda (Auricularia auricula-judae), onnipresenti nelle pietanze servite dai ristoranti orientali; i galletti o finferli (Cantharellus cibarius), le finferle (Craterellus lutescens); e il corno dell’abbondanza, Craterellus cornucopioides. Queste ultime due specie sono decisamente interessanti essiccate per il loro utilizzo gastronomico, mentre il più noto galletto o finferlo, essiccato e in seguito reidratato, tende ad assumere una consistenza in genere più tenace-gommosa, quindi meno grata al palato.
Curiosando tra le etichette.
Spostiamoci un attimo a curiosare fra le etichette dei preparati a base di funghi, quali i celeberrimi risotti ai porcini, citandone una, includente:
• riso
• farina di grano tenero
• sale
• formaggio fuso (quale??)
• estratto di lievito
• funghi porcini (Boletus edulis) 1,1%
• funghi pinarelli (Boletus luteus)
• grasso di palma
• olio extravergine d’oliva
• zucchero
• prezzemolo
• cipolla, aglio, aromi.
Ecco: in un risotto fatto in casa io uso forse tre di questi ingredienti, calcolando che il brodo me lo preparo anche con il dado vegetale fatto da verdure e scarti delle verdure dell’orto essiccate con Biosec.
L’estratto di lievito serve -manco a dirlo, i lieviti sono Funghi anche loro- a dare un sentore fungino al preparato stesso; le scarse percentuali di fungo essiccato, invece, poco potranno impattare dal punto di vista aromatico (quando si prepara un risotto con i funghi secchi, la proporzione 1/10 è la minima auspicabile affinché sappia di fungo)!
Il Suillus luteus (si chiama scientificamente così: Boletus luteus è nome che si utilizzava 40 anni fa…) è una buona specie edule caratteristica delle pinete, dal basso costo di lavorazione e quindi più “funginamente” spacciabile in una busta di risotto pret-à-cuire.
Sugli altri preparati a base di funghi essiccati in commercio, sarebbe meglio mettere una censura: per le polente con i funghi secchi all’interno vale lo stesso discorso della quantità (ergo: meglio comprare gli ingredienti separatamente).
Spezziamo invece una lancia per le paste fresche con polvere di fungo secco (fungo: non le paste al tartufo!) che se ben realizzate possono garantire un buon impatto in termini aromatici delle preparazioni.
E i nostri funghi secchi, prodotti partendo dal nostro raccolto nel bosco?
Magari, dal punto di vista del taglio e delle dimensioni, non sempre potremo realizzare una qualità di Porcini “extra”, ma sicuramente ne avremo la certezza dell’origine, della freschezza, della salubrità del prodotto e una garanzia di essiccazione perfetta sfruttando il nostro essiccatore Biosec.
Senza dimenticare che potremo utilizzare molte altre specie di funghi spontanei per arricchire colori e sapori del nostro misto bosco!
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