Km zero: turismo di prossimità e cracker con le verdure dell’orto
Cracker zero-waste
Nuovi spunti di vita all’aria aperta, di come sfruttare ed approfittare degli spazi vicino a casa per godere di qualche itinerario semplice ma alla scoperta di quel che ci circonda. Con la filosofia della riduzione degli sprechi, dell’autoproduzione e della preservazione dell’ambiente in cui viviamo, Elisa Bessega ci conduce in un altro viaggio di scoperta di sé, del cibo sano e della natura da cui proveniamo!
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Gli avvenimenti di quest’anno hanno portato un po’ tutti a ripensare le proprie priorità, incluse le mete vacanziere. Si è parlato molto di localismo, turismo di prossimità, riscoperta dei dintorni del luogo in cui viviamo.
Ma quanto può essere vicino a casa un viaggio per chiamarsi ancora “viaggio”? E cosa significa, concretamente, riscoprire i dintorni? Io e Leonardo, compagno di trekking e gite in montagna, ci chiedevamo proprio questo mentre organizzavamo il nostro ultimo giro. Volendo seguire il filo conduttore della Translagorai a impatto zero del settembre scorso, ci siamo imposti anche questa volta di ridurre al minimo sprechi, rifiuti ed emissioni. Complici le fantasie di evasione maturate durante il lock-down, quando tutto ciò che desideravamo era una passeggiata sulle montagne dietro casa, abbiamo deciso di percorrere a piedi il giro della città risalendo tutte le cime che la circondano, così il trekking di quest’anno si è trasformato in un’esplorazione in tutto e per tutto a km zero: dalle scorte di cibo, fino allo stesso territorio da attraversare.
Quando viaggio, non solo in montagna, non è mai unicamente per visitare una destinazione o per raggiungere una cima. Mi diverte dare un senso coerente all’esperienza immaginando un tema attorno al quale organizzare e sviluppare un modo di muoversi originale e quanto più possibile in armonia con i luoghi che visiterò.
Lo zero-waste ricopre sempre un ruolo fondamentale, ma durante questo giro ha preso la forma particolare dell’autoproduzione e del localismo, e in qualche modo ogni aspetto del nostro trekking si è rivelato in sintonia con questi principi guida.
Le scorte di cibo, come al solito, sono state autoprodotte. La novità, rispetto ai precedenti trekking, è che anche gli ingredienti principali che abbiamo usato e lo stesso tracciato erano farina del nostro sacco. Tutte le verdure venivano dal nuovo orto di Leonardo. Tra gli snack, la frutta è stata raccolta lungo il cammino: more, fragoline di bosco, lamponi, fichi, prugne… è incredibile quanti alberi da frutto spontanei si incontrino se si ha la pazienza di fermarsi a cercare nei posti giusti.
E infine il sentiero: non esiste alcun cammino ufficiale che percorre il giro di Trento. L’abbiamo ideato partendo da una bozza sulla cartina che avesse più o meno la forma di un cerchio attorno alla città, perfezionandolo poi in base a consigli di amici, ricordi ed esperienze personali.
Abbiamo camminato per quattro giorni interi portando con noi tutto l’occorrente per mangiare e dormire. Partendo a piedi dalla porta di casa, abbiamo percorso un totale di 60 km e 4600 mt di dislivello positivo senza mai perdere di vista il centro abitato.
L’obiettivo era toccare tutte le cime visibili dalla nostra finestra, ma la vera sfida è stata scoprire cosa ci fosse tra l’una e l’altra: è stata una sorpresa imbattersi in nuovi sentieri, scorci sconosciuti e ambienti tanto selvaggi, il tutto mai più lontano di una ventina di km in linea d’aria dalla nostra abitazione. Le vette si sono rivelate solo una scusa per tracciare un nuovo cammino sulla mappa e guardare con occhi diversi luoghi che non avevamo mai avuto la curiosità di esplorare perché troppo familiari e scontati. Certo, le sorprese non sono state solo piacevoli, eppure ogni passaggio è stato a suo modo intenso. Non abbiamo selezionato prima di partire cosa sarebbe valsa la pena visitare e cosa no: abbiamo solo lasciato che il paesaggio ci scorresse davanti agli occhi passo dopo passo, assaporando la strana sensazione di essere in viaggio da giorni senza mai allontanarsi da casa.
Il bello di un trekking che segue un filo conduttore piuttosto che una traccia gps, è che chiunque può ripeterlo in qualsiasi luogo, così come le ricette che abbiamo usato per le nostre provviste. La sfida a riscoprire territori vicini tracciando semplicemente un grande cerchio attorno alla propria abitazione è aperta, di seguito invece la ricetta degli snack che abbiamo portato con noi.
Cracker di okara, barbabietola e carota
Quasi per caso, anche la ricetta si è rivelata in linea con lo spirito del viaggio. Gli ingredienti principali sono infatti prodotti di “scarto”: okara di soia, sottoprodotto della preparazione del latte vegetale, e scarti di estratti di barbabietola e carota, ovvero tutto ciò che resta nel cestello dell’estrattore dopo aver preparato un succo fresco.
L’okara è una polpa bianca, farinosa e altamente proteica, residuo del filtraggio del latte vegetale, sia esso di soia, mandorla, riso, avena o altro. Fare in casa il latte vegetale è semplicissimo, è sufficiente un frullatore e un colino a maglie molto strette. Ho preso l’abitudine di autoprodurlo visto il risparmio in termini di costi e di sprechi di imballaggi, l’unico problema era smaltire lo scarto, fino a che non ho scoperto che non si tratta di uno scarto: dopo ogni preparazione essicco l’okara rimasta (è buonissima anche consumata fresca) e la metto da parte, usandola poi come base per biscotti, polpette vegetali, barrette, condimento per verdure e molto altro.
Per quanto riguarda invece la parte vegetale, chi ha un estrattore sa quanto residuo questo produca: si tratta di tutta la parte fibrosa della verdura e della frutta, unita ad una piccola parte di polpa, il tutto perfettamente commestibile.
Per non buttarla, la si può essiccare e macinare ottenendo una farina di fibre utile ad arricchire impasti di pane, focacce e dolci, oppure usarla subito come base per i cracker (io la conservo in freezer dopo ogni estratto fino a che non ottengo una quantità utile a preparare una buona scorta), ecco come fare:
Ingredienti
- 100g di scarti freschi di barbabietola rossa e carota
- 50g di okara essiccata
- 30g di semi di lino
- Semi di sesamo q.b.
- 5g di lievito alimentare in scaglie (un lievito disattivato ottenuto dal lievito di birra)
- un pizzico di polvere d’aglio essiccata (o mezzo spicchio frullato)
- origano, rosmarino o altra spezia per insaporire
- sale q.b.
Procedimento
Lasciate in ammollo i semi di lino in una tazza d’acqua per qualche ora (anche tutta la notte), otterrete un crema gelatinosa da usare come legante.
Frullatela insieme al resto degli ingredienti, stendete sui cestelli dell’essiccatore dopo aver foderato la base con carta da forno (oppure usate gli appositi piani in silicone Drysilk). Cospargete con semi di sesamo per guarnire ed essiccate per 13 ore circa, incidendo a metà cottura la forma che volete dare ai cracker.
Una volta pronti, conservate in barattoli ermetici fino ad un mese.
Per chi non ha un estrattore e non fa in casa il latte vegetale: la stessa ricetta si può ottenere usando la stessa quantità di barbabietole e carote intere e sostituendo l’okara con farina di miglio bruno, commestibile anche cruda.
Buon appetito, speriamo stesi sull’erba, in una pausa di un bel trekking 😉
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