I piccoli nemici dell’essiccazione
Quando l’essiccazione è in pericolo…
L’essiccazione può essere definita, prima di tutto, un metodo di conservazione, e per conservare un alimento bisogna rallentare o bloccare le attività biologiche che ne causano il deterioramento.
Lo abbiamo spiegato varie volte, ma ripeterlo ancora certamente non fa male: tutti i processi di deperimento hanno bisogno di acqua. L’acqua è il mezzo dentro cui avvengono le reazioni chimiche e biologiche che fanno alterare i prodotti: togliendo l’acqua eliminiamo il mezzo dentro cui avvengono queste reazioni, e quindi blocchiamo o rallentiamo moltissimo il deperimento.
Nel titolo ho parlato di nemici “piccolissimi” perché, per capire le cause del deperimento, dobbiamo guardare al mondo microscopico, nonostante le conseguenze si vedano ad occhio nudo e portino danni macroscopici ai nostri prodotti.
Ossidazione
Tra i vari processi “nemici” di una buona essiccazione, il primo che incontriamo e di cui vorrei parlare oggi, è l’ossidazione.
Questo processo si innesca appena tagliamo una fetta di mela, esponendo all’aria i liquidi che erano contenuti nelle sue cellule, e nel giro di poco tempo in effetti l’ossidazione può rendere le fette poco invitanti. In realtà sapore e caratteristiche nutrizionali vengono alterate pochissimo e il problema è puramente estetico. A tutti però piace mangiare cose che siano belle oltre che buone e quindi è importante capire come evitare che questa cosa succeda.
Prima di iniziare penso sia utile fare una considerazione: molta della frutta essiccata in vendita nei negozi specializzati e nella grande distribuzione si presenta con un colore vivo, quasi innaturale, perché è stata trattata con additivi che impediscono l’ossidazione, talvolta anche a discapito delle caratteristiche organolettiche. Sulle bancarelle o nelle confezioni del supermercato si trovano spesso albicocche arancione brillante, ananas giallo vivo o banane perfettamente bianche, colori praticamente impossibili da ottenere con un processo di essiccazione naturale.
Se leggiamo le etichette di questi prodotti vedremo che c’è quasi sempre qualche aggiunta: zucchero, antiossidanti e a volte oli alimentari, tutte sostanze che sarebbe meglio evitare perché alterano le proprietà organolettiche e i valori nutrizionali. Ad esempio lo zucchero rende più dolci e più calorici i prodotti e gli antiossidanti (in genere solfiti o anidride solforosa), oltre ad essere potenziali allergeni, hanno un gusto che persiste e spesso copre quello naturale.
Io personalmente preferisco un’albicocca essiccata naturalmente (color arancione mattone, gusto da albicocca) ad una con conservanti (color arancione acceso, sapore persistente di anidride solforosa).
Nell’immagine qui sopra si può vedere nettamente la differenza tra un’albicocca con additivi (sinistra), una essiccata per lungo tempo e a basse temperature (e quindi molto ossidata, al centro) e una essiccata naturalmente (a destra). Detto ciò, rimane comunque il fatto che anche l’occhio vuole la sua parte, quindi penso sia meglio evitare di ottenere albicocche marrone scuro o addirittura quasi nere, anche se buone.
Non tutti i prodotti vegetali hanno questo problema: per alcuni (ad esempio alcune varietà di mela o banane), l’ossidazione è quasi istantanea, cioè inizia a pochi secondi dal taglio delle fette, per altri (ad esempio pomodori, peperoni) avviene solo in determinate condizioni e più lentamente, per altri infine è quasi trascurabile (ad esempio zucchine).
Questo tipo di ossidazione viene chiamato “imbrunimento enzimatico” perché è dovuto all’attività di alcuni enzimi (detti polifenolossidasi o fenolasi) che in presenza di ossigeno e acqua reagiscono con i polifenoli di cui alcuni vegetali sono molto ricchi, causandone l’imbrunimento.
Questi enzimi agiscono solo in determinate condizioni: se impariamo a conoscerle possiamo capire come limitare la loro azione preservando i prodotti dall’ossidazione.
I fattori che ci interessano sono quindi:
- presenza o assenza di acqua
- grado di acidità
- temperatura
Presenza o assenza di acqua
In assenza di acqua questi enzimi non sono in grado di svolgere la loro funzione: è quindi importantissimo limitare il tempo in cui il prodotto è bagnato ed esposto all’aria.
Dopo aver tagliato le fette dobbiamo essere molto veloci nell’essiccarle, almeno in superficie (valido anche il passaggio di una veloce asciugatura della superficie del prodotto con un canovaccio pulito, al fine di togliere l’acqua superficiale il più in fretta possibile…). Non aspettiamo che l’essiccatore sia completamente carico per avviarlo e usiamo, almeno nelle prime ore, un programma intensivo o una temperatura elevata.
La presenza di acqua è anche uno dei motivi per cui una mela grattugiata si ossida molto più in fretta rispetto ad una tagliata con un coltello ben affilato: nel primo caso viene esposto all’aria tutto il liquido della mela, mentre nel secondo caso solo il liquido contenuto nel piccolissimo strato di cellule che abbiamo tagliato facendo la fetta. I liquidi delle cellule più interne, che non sono state rotte dal taglio, sono infatti ancora protetti dall’azione dell’aria.
Grado di acidità
L’attività delle fenolasi è molto rallentata, o addirittura bloccata, in ambiente acido. La frutta più matura, e quindi meno acida, sarà più a rischio di ossidazione rispetto a quella più acerba. L’aggiunta di una sostanza acida può quindi migliorare la situazione: il succo di limone dà buoni risultati, purché non sia troppo diluito, altrimenti l’azione negativa dell’acqua supererà quella positiva dell’acidità. Per ridurre l’ossidazione si può usare anche acido ascorbico (vitamina C).
Personalmente preferisco comunque evitare qualsiasi additivo e mantenere l’aroma e le caratteristiche originali dei prodotti.
Temperatura
Come tutti gli enzimi, anche le fenolasi sono sensibili alla temperatura e si inattivano se si supera la temperatura di 65-70° C.
Sfruttando questo principio si può evitare l’imbrunimento di alcuni vegetali, come ad esempio carciofi e broccoli, immergendoli per qualche secondo in acqua bollente. Questa operazione viene chiamata anche “sbianchitura” e ha lo scopo di disattivare gli enzimi dello strato più superficiale, senza cuocere il prodotto. Dopo l’immersione in acqua bollente è opportuno raffreddare il prodotto immergendolo in acqua ghiacciata per evitare che il calore penetri troppo in profondità, cuocendolo all’interno.
Una buona alternativa è quella di essiccare con un programma a temperatura più alta, ad esempio P4, almeno per le prime ore. Prodotti molto acquosi come i pomodori, se essiccati a temperatura troppo bassa, possono imbrunire tanto da sembrare carbonizzati. Anche se può sembrare strano, la causa di questo fenomeno non è mai la temperatura troppo alta ma piuttosto quella troppo bassa.
Riassumendo, ecco elencate di seguito alcune buone pratiche da seguire!
Tagliare fette sottili (o spalmare strati sottili, se vogliamo essiccare una purea) ed essiccare più rapidamente possibile, accendendo l’essiccatore prima di iniziare a caricarlo e inserendo subito i cestelli man mano che sono pronti. Se tagliamo a fette, usiamo un coltello ben affilato.
Scegliere bene i prodotti: maturi ma non troppo. Eventualmente aggiungere succo di limone sulla superficie delle fette.
Usare una temperatura alta soprattutto all’inizio dell’essiccazione ed eventualmente sbollentare (sbianchire) prima dell’essiccazione i prodotti più difficili.
Nel prossimo articolo continueremo il viaggio nel “micromondo” dei nemici dell’essiccazione. Parleremo di muffa e di batteri, incluso il più temuto di tutti, quello che causa il botulino nelle conserve sott’olio. Non è un problema diretto dell’essiccazione, ma è buona cosa conoscerlo bene per essere sicuri di evitarlo.
Ci leggiamo al prossimo articolo!
Risparmio energetico, ecosostenibilità, Made in Italy, qualità, rispetto dell’ambiente, delle persone e degli alimenti: ecco i valori da cui partiamo ogni giorno per progettare oggi gli essiccatori di domani.
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Grazie Livio per il bellissimo articolo l’ho trovato molto interessante. Aspetto il prossimo